Premio Combat Prize

Franco Campana - Premio Combat Prize

OPERA IN CONCORSO | Sezione Pittura

 | Proteggere la natura - L’alveare

Proteggere la natura - L’alveare
olio, tela
80x70

Franco Campana

nato/a a Livorno
residenza di lavoro/studio: Livorno, ITALIA


iscritto/a dal 03 apr 2019


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Immagini di un’infanzia perduta
olio, tela
150x100

 | 1891

1891
olio, tela
150x100

Descrizione Opera / Biografia


Franco Campana e il “sentimento del tempo”
Conosco Franco ormai da molti anni ed ho avuto più volte modo di scrivere a proposito dei suoi lavori in occasione di mostre ed eventi vari. Oggi, finalmente, la realizzazione di una monografia digitale che riunisce gran parte delle sue opere realizzate a partire dagli anni sessanta fino ad oggi, mi offre la possibilità di affrontare in modo più approfondito la riflessione sull’attività di questo eclettico artista livornese.
Non ho specificato per caso il luogo della sua nascita sulle rive del Tirreno perché Franco incarna perfettamente lo spirito della sua città: ironico e guascone, sempre pronto allo scherzo e alla battuta salace, in sintonia con la migliore tradizione degli artisti labronici. In casa Campana, situata in uno dei quartieri della Livorno più vera, un giradischi diffonde spesso le note delle più toccanti melodie mascagnane, da Cavalleria a Ratcliff, da Isabeau a Lodoletta: la musica del grande compositore livornese è per Franco un nutrimento dell’anima, una spinta alla creazione artistica di cui non potrebbe fare a meno. Ma il suo profondo legame con la città affonda le radici anche in alcuni luoghi simbolo, dalla pineta di Ardenza dove ogni estate, da quella ormai lontana del 1953, si tiene il premio Rotonda di cui Franco è stato a lungo animatore, ai fossi medicei del centro cittadino che per lui rappresentano “una galleria a cielo aperto”.
Nato nel 1932, Campana era un ragazzino al tempo della guerra e dei bombardamenti anglo – americani che sfigurarono per sempre il volto di Livorno. Un’esperienza che lo ha segnato e che affiora spesso, sotto diverse sembianze, nei suoi lavori. Passato lo sconvolgimento della guerra, Franco è cresciuto negli anni in cui la pittura labronica, ormai esauriti i fasti di un glorioso passato, si ripiegava in se stessa riproponendo stancamente temi e stili non più al passo coi tempi. Il rischio era che anche lui si ritrovasse ad ingrossare le fila degli epigoni di Romiti o degli altri pittori labronici più o meno famosi. Invece così non è stato. Campana ha saputo diventare artista nel modo più giusto, tenendo ben saldi i legami con la propria terra e guardando altrove.
Per inquadrare al meglio il percorso di un artista la tentazione del critico è assai spesso quella di ricorrere a precise periodizzazioni. Si tratta in pratica di fissare archi temporali ben delimitati in cui il fare artistico di un pittore, piuttosto che di un musicista o di uno scrittore, assume caratteristiche chiaramente identificabili. Certamente la suddivisione in periodi può in certi casi essere utile, se non altro per la sua funzione meramente didascalica; non tutti gli artisti sviluppano però un cammino lineare che procede per fasi compiute senza ritorni, riletture o auto citazioni. Nel caso di Campana, ad esempio, le diverse fonti della sua ispirazione si alternano e si sovrappongono continuamente secondo sequenze assolutamente non cronologiche, tanto che un’opera ormai storicizzata può sembrare appena uscita dall’atelier dell’artista e viceversa. Piuttosto si possono riconoscere nei suoi dipinti diverse tematiche quasi sempre legate tra loro da un sottile filo rosso che attraversa l’intero arco creativo dell’artista e ne riconduce gli esiti sotto un segno dominante: quello della memoria.
Misurare attraverso le immagini il tempo che ci separa da qualcosa che è accaduto nella nostra vita o in quella degli altri: è in fondo questo il fine ultimo della ricerca di Campana, sia che il tempo andato sia quello della nostra infanzia, sia che si perda nella profondità di un passato indefinito. La microstoria si mescola alla grande storia, i fatti della gente comune si confondono con quelli di personaggi famosi; tutto riemerge dal passato e sedimenta sulla superficie del quadro.
Appartengono dunque a questa personalissima ricerca del tempo passato le “pareti” dall’intonaco sgranato, segnate con frammenti di carta da parati e residui di vecchi impianti elettrici: interruttori di porcellana e fili a treccia che evocano esistenze vissute, raccontano istanti di gioia e di dolore come momenti di tenerezza. Vengono in mente allora le immagini tragiche del 28 maggio 1943: le case di Livorno sventrate dalle bombe, con i solai crollati e qualche parete rimasta miracolosamente in piedi a mostrare, impudica, quelle intimità violate. Dalla medesima vena creativa promanano gli “ex voto” dove la pittura riproduce sbiadite fotografie in bianco e nero con dediche, vecchie cartoline con francobolli timbri e annulli postali. Alla realizzazione di “Pareti” ed “Ex voto” Campana si è dedicato a più riprese durante tutta la sua attività artistica. Recentemente ha esposto una nuova “Parete” alla 63° mostra del Gruppo Labronico - il sodalizio artistico di cui fa parte dalla fine degli anni novanta - tenutasi a Zagarolo nel 2014 mentre aveva presentato un “Ex voto” alla 61° mostra dello stesso Gruppo svoltasi al palazzo mediceo di Seravezza nel 2012.
Ma quello che, parafrasando il titolo di una celebre raccolta poetica di Giuseppe Ungaretti, potremmo definire come “sentimento del tempo”, rappresenta la vera essenza dell’arte di Campana anche in alcune serie pittoriche dettate da una particolare occasione e in sé concluse, come quella dedicata allo scultore fiammingo François Duquesnoy, vissuto nel XVII secolo, che Franco decise di realizzare nel 2006 dopo la lettura del mio libro “François Duquesnoy – la fama e il sospetto” contenente la biografia dell’artista. Anche in quei quadri infatti – come ebbi modo di scrivere sul depliant di una delle due mostre allestite a Livorno per l’occasione - “le immagini sembrano affiorare dopo secoli di oblio dagli intonaci consunti di vecchie mura. In mezzo alle tracce di antiche decorazioni parietali ed alle sgranature della calce quelle improvvise apparizioni ci attraggono come fossero le sinopie di affreschi millenari …” . Analoghe osservazioni si potrebbero formulare per la serie degli “Eventi”, dipinti ispirati a episodi di storia del novecento ed in particolare della seconda guerra mondiale anche se queste opere si caratterizzano per una vena più naturalista come può rilevarsi in “Evento anni ’40 XX sec.”, ispirato all’affondamento dell’ammiraglia della flotta italiana, la corazzata “Roma”, avvenuto ad opera di bombardieri tedeschi all’indomani dell’otto settembre 1943. In questo dipinto l’artista raffigura la nave appena colpita a morte, vista dall’alto e avvolta in un fumo denso, evocando certe atmosfere alla Turner ma, come per ricondurre il quadro sotto il proprio controllo, inserisce in basso a destra la busta di una lettera, forse scritta alla famiglia da uno dei pochi marinai sopravvissuti alla tragedia.
Accennavo prima ai ricordi dell’infanzia; ebbene un altro tema a cui Franco è particolarmente affezionato è proprio quello dei bambini. Il ricordo dell’età innocente, fatta di giochi e spensieratezza, ritorna spesso, sia come tema principale, sia come citazione, nei suoi dipinti. L’immagine simbolo dell’infanzia è una sagoma stilizzata con un bambino e una bambina che corrono verso la scuola tenendosi per mano; un’icona che Campana estrasse molti anni fa da un segnale stradale, quello che invitava gli automobilisti alla prudenza in prossimità di una scuola, trasformandola in una vera e propria personificazione dell’innocenza e al tempo stesso della fragilità di un’infanzia da proteggere e preservare dai pericoli del mondo. “Bambini vaganti nel paesaggio in libertà” è il titolo di uno dei lavori più recenti di Campana dove questa immagine torna ancora una volta in primo piano “offrendo – sono parole dello stesso artista – un senso di speranza in un mondo migliore, più giusto, più umano, colmo di pace”. Legato al mondo dell’infanzia è anche un personaggio che Franco inserisce in molti suoi lavori, si tratta di “Marmittone” il soldatino in uniforme ottocentesca perennemente bistrattato dai suoi superiori che appare come una vera e propria sigla dell’artista.
Al culmine della ricerca sul tempo e sulla memoria si colloca infine l’opera “Peccato originale”, presentata alla 62° mostra del Gruppo Labronico tenutasi ai Granai di villa Mimbelli a Livorno nel 2013, in cui l’artista
compie un ardito salto all’indietro fino ai primordi dell’umanità. “Peccato originale” chiama infatti in causa il mito descritto nella Genesi e ancora presente, sebbene con diverse sfumature e interpretazioni, in varie culture e religioni: Cristianesimo, Ebraismo e Islamismo. Studiato e interpretato in chiave psicanalitica da Sigmund Freud, il peccato originale è tornato all’attenzione dei teologi nel 2008 con una serie di interventi di Papa Benedetto XVI. Assente la figura maschile, l’attenzione dell’artista si concentra qui sulla figura femminile che è posta al centro del quadro. La donna si dibatte invano, irretita all’interno di una sorta di prigione dorata; la sovrasta l’inquietante ed enigmatica figura del serpente che si intravede tra una lussureggiante vegetazione. Così l’artista evoca l’eterno e insanabile contrasto tra il bene e il male che attanaglia da sempre l’umanità, la lacerazione interiore che ogni essere umano porta con sé per tutta la vita. Campana sovrappone alla pittura che occupa tutto lo sfondo dell’opera, due elementi tridimensionali: la figura femminile, realizzata in stoffa da Maria Cristina Crespo, e la sua prigione, costituita invece da un vecchio manufatto in laterizio, vero objet trouvè recuperato e restituito all’arte. Ed è proprio questo inserimento, frammento di un vissuto che ritorna e si ripropone sotto altra forma, a legare concretamente questa opera al fare artistico del pittore e alla sua quotidiana esperienza lungo il corso della memoria.
Ma il discorso su Franco Campana non sarebbe completo senza uno sguardo sulla sua opera di performer. Accanto all’attività di pittore, nel senso classico del termine, Franco porta avanti anche “azioni” con le quali intende richiamare l’attenzione del pubblico su fatti o date di particolare rilievo. Tra le più significative quella dedicata ad Anna Frank nel giorno della memoria del 2005 realizzata nella piazza Cavour di Livorno con valigie e oggetti d’epoca che alludevano alla deportazione. Ultimamente invece Campana compie un’azione ricorrente: immerge nelle acque dei fossi medicei di Livorno una serie di bottiglie contenenti la riproduzione di una sua opera con un messaggio vergato a mano. Lo ha fatto nell’anniversario della nascita di Pietro Mascagni nel dicembre del 2016 per ricordarne la grandezza non sempre adeguatamente riconosciuta; lo ha ripetuto nel giorno della memoria di quest’anno affidando all’acqua riproduzioni del suo “Bambini vaganti nel paesaggio” di cui ho parlato prima. In un’epoca come la nostra dove la comunicazione corre istantanea su internet e sui social, l’artista si affida ad un mezzo estremamente lento, precario e inattuale. Il messaggio in bottiglia non ha un destinatario preciso ed ha pochissime probabilità di essere letto da qualcuno in un tempo “utile” ma proprio per questo assume un valore universale rivolgendosi a chiunque possa trovarlo e abbia voglia di leggerlo.
Mario Michelucci
Marzo 2017