Ogni cosa al suo posto insegnavano agli altri. Che dalla penombra, sotto le coperte e sopra alle ferraglie una guerra di chi è mezzo polacco da madre, vi ho sentito. Che ero tagliata solo per metà e solo per dove si deve camminare.Ho bevuto, come i confini degli stati americani in cerca di un’indipendenza verdeacqua, cantato a mezzogiorno e non mi dimentico, non mi rilasso e non compiango. Non conosce brividi, l’acqua che nasconde la fonte al canto di Noè. Fintanto che avrò tempo sarò seduto, in centro e in disparte, ho capelli da sciogliere in rito religioso nelle stanze aperte a fare ambientale. Che a distanza di anni di ossessione ragnatela pettino, con un pettine di corvo, raffigurante un pavone color sabbia senza grani, i capelli fini e divisi uno ad uno per inimicizia, scrigni preziosi di qualcosa che non muore mai. Ogni cosa al suo posto, insegnavano agli altri, quando non avevo la forza di chiedermi, non avevo che la forza di aprire la gola e insultare, e amare di petto e cambiare lato della notte al tuo risveglio operatorio, magari al sicuro. E ancora paramenti sacri, e tonache rinverdite, e feste nuziali da ambienti festosi, qui dal basso della terra del bosco, dall’alto delle braccia tese a scostare un attimo. Soffiando, rullando e con la brina d’argento sul mio corpo, non custodisco, ma presento. Quindicinali di gaiezza monotona, mi sono serviti a corollario di un’isola, in una foresta. Tre giornate della mia curiosità, e tre soste per sgranchirsi le gambe. Fiato a strappi e timori reverenziali. Fiotti di commentari, breviari illustrati e compostezza recalcitrante. E io, ho una corona, di getto tessuta, impreziosita ad ogni volta che il mio braccio è sceso ad accarezzarmi.
L’opera propone un video-trittico proiettato in loop all interno di tre scatole, vedrà in ognuna una stanza con una sua storia.