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OPERA IN CONCORSO  Sezione Scultura/Installazione

Erjon Nazeraj | L'alveare
vedi ad alta risoluzione

L'alveare
scultura, resina
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Erjon Nazeraj

nato/a a: Albania

residenza di lavoro/studio: Collecchio (PR) (ITALIA)

iscritto/a dal 30 mar 2013

Altre opere

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scultura, resina

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L'alveare particolare#2
scultura, resina

Descrizione Opera / Biografia


Descrizione Opera
(testo critico di Andrea Tinterri)
Sette celle, un alveare bianco, sette neonati adoccupare gli spazi semichiusi. Un nuovo parto;ancora fragili, ancora quasi sciolti in un liquido difondo che amalgama le forme, a memoria di una carnematerna protettiva che, lentamente, scompare. ErjonNazeraj riproduce quel lasso di tempo in cui un figlioancora fatica ad aprire gli occhi, in cui “si fa piccolo” peressere pronto a subire i colpi di chi è fuori ad aspettare.Un pretesto narrativo universale: il trauma di una nuovapresenza, una natività laica in cui la partecipazioneumana si esaurisce nella sola figura del bambino. Si potrebbequasi pensare ad un’apparizione, ad un’epifaniamiracolosa ma, in realtà, la solitudine, in questo caso, èun sentimento terreno, collocabile in un dato momentoe in un dato luogo: biografia. Erjon Nazeraj metabolizzauna condizione non direttamente vissuta, ma parteintegrante della sua vita, del suo albero genealogico:come fare a proteggere una persona a distanza? Comefare se non la si può toccare, mettersi tra lei e il mondo,come fare a scaricare la propria rabbia? La rispostaè l’opera stessa che si fa dono, amuleto da strofinareaspettando che succeda qualcosa, qualcosa che annulligli spazi in eccesso e faccia avvicinare ciò che apparelontano. Ed ecco la scultura: una protesi a distanza,una difesa che si manifesta con la sola forma di piccolecelle come fossero sponde di un letto per bambini,utili a non farli precipitare a terra quando ancora dormono,ma un letto bianco, quasi evanescente, debolecom’è inevitabilmente debole l’eco di una narrazione(color latte su sfondo chiaro). Quello che si vuole evitareè una caduta, ma in un modo immaginifico, quasiesoterico: semplicemente con la forza di un’opera, diun’idea, nella convinzione che un gesto possa crearespostamenti d’aria anche in luoghi lontani in cui, teoricamente,l’aria è bloccata e troppo pesante per esseresmossa. Non è un caso se le celle che proteggono lafigura umana formano un alveare: le api diventano ilsimbolo di una produzione in continuo spostamento;il loro volo diventa il segno di un viaggio per la salvaguardiadi un ecosistema perfetto fino a poco primadella sua distruzione.«Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebberosoltanto quattro anni di vita» (Albert Einstein).Come spesso succede nelle opere di Erjon Nazeraj, ilpunto di partenza risiede nella sua stessa biografia. Inquesto caso, ad esempio il tema della distanza, prendecorpo dalla sua esperienza d’emigrato e dalla conseguenteincapacità di proteggere chi si vorrebbe accudire.La capacità di Erjon Nazeraj, però, sta nel riuscirea universalizzare la sua storia e quindi ad affrancarsi dauna semplice cronaca diaristica, utile forse solo ad unapersonale terapia. L’opera in questione diventa una riflessionesullo stesso “fare arte”: non tanto sul motivoper cui creare e produrre, ma sulla capacità di incideresugli eventi con la sola concretizzazione dell’idea inuna forma.
Biografia
Erjon Nazeraj nasce a Fier, Albania, nel 1982. Nel 2001si diploma in scultura al Liceo Artistico “Jakov Xhoxha”di Fier. Nel 2007 si diploma in scultura all’Accademia diBelle Arti di Bologna.Nel 2007 partecipa al “Festival della Creatività”presso la Fortezza Da Basso a Firenze. Nel 2008interviene con l’installazione “Upstream” sulla facciatadi un palazzo di Bologna. Nel 2010 partecipa alla collettiva “The green party fromEcology to Economy” presso lo Studio Fiscalis CommercialistiAssociati a Parma. Nel 2011 partecipa alla doppiapersonale "Flirt" con Valentina Scaletti all’internodella Giornata del Contemporaneo LAT – Love ApproachTogether, presso la sede dell'Associazione CulturaleMade in Art a Parma, alla collettiva “Drawings Wall” presso la galleria d’arte Paolo MariaDeanesi a Rovereto. Nel 2012 espone all’interno del progetto curatoriale 515’ di Federica Bianconi all’interno di Arte Accessibile Milano.
Fotografia: Giovanni Amoretti