Descrizione Opera / Biografia
“Dalla linea retta e dal cerchio venne alla luce la prima produzione e la più semplice rappresentazione delle cose, sia di quelle esistenti, sia di quelle che sono nascoste sotto il velo della natura“
Monas Hieroghlyphica - Teorema I, John Dee
“Faces from the dark / towards the light” è un’installazione interattiva che nasce da una riflessione sull’idea di dematerializzazione del corpo umano e si muove alla ricerca di un fondamento originario, individuato nel concetto di Monade.
Ispirata al cabinet de curiosités per un visitatore alla volta, l’installazione è concepita come un dispositivo teatrale d’esposizione in due episodi ; il primo include un atto performativo in situ dell’artista che crea e introduce il secondo che sarà l’installazione permanente.
Lo spazio è mappato a terra da una figura luminescente che rappresenta la monade geroglifica di John Dee, simbolo ermetico dell’Unità dell’Universo e sintesi dei principali aspetti di differenti culture esoteriche.
Nel punto d’incontro delle due rette, una verticale e l’altra orizzontale (simboli che descrivono, rispettivamente, il trascendente e l’esistente), è posta una lightbox e 28 formemute, opere su carta visibili solo alla luce, realizzate durante i primi 28 giorni del confinamento pandemico; 28 volti ispirati a feti umani, figure d’origine a cui tornare per reagire ad una così profonda e inattesa perdita di senso.
Le formemute assumono metaforicamente la dimensione di cieche e ignoranti monadi nel ventre dell’universo:
“Cieche per vedere senza muoversi in tutte le direzioni, ignoranti perchè il Tutto possa giungere allo spirito e al corpo” (F. Roustang “Il suffit d’un geste“).
Al centro del cerchio della monade di Dee una cima da ormeggio, simbolo del cordone ombelicale e del legame originario con la Madre; a riempire lo spazio, un sound design costruito con i suoni per noi più ancestrali, il battito del cuore e rumori di organi in movimento trasposti in una dimensione “altra” dalla presenza ingombrante di suoni sintetici.
Nell’episodio I l’atto performativo dell’artista si crea ad una distanza “consentita” dal visitatore.
Quest’ultimo scopre le formemute posandole sulla lightbox una dopo l’altra, i corpi sono invitati a mettersi in ascolto e in relazione nel movimento o nell’immobilità, nella parola o nel silenzio. Ogni visitatore porta il messaggio di una nuova esperienza che si rinnova continuamente nell’interazione con l’artista.
In questa fase la performance è filmata con una Mira Multispectral Camera che permette di captare il campo elettromagnetico del corpo umano. Questo campo varia di colore, d’intensità e d’ampiezza a seconda dello stato psichico ed emotivo oltre che energetico della persona. .
Alla fine delle riprese, effettuate da un esperto di questo tipo di studi e di tecnologia invitato appositamente, si potranno scoprire in anteprima alcuni frames delle sequenze che andranno a comporre il video proiettato nella seconda fase dell’installazione. Un’immagine solitamente letta da esperti di risonanze morfologiche in ambito medico/terapeutico, è qui proposta nella sua valenza estetica e metafisica.
Nell’episodio II, in cui l’installazione ha preso la sua forma definitiva, si è dissolta la presenza fisica dell’artista e ne resta l’impronta.
La dematerializzazione, comunemente intesa come transizione dai documenti cartacei a quelli digitali si estende qui alla persona fisica ; il visitatore entra in contatto non più con la presenza reale del performer ma con la proiezione nello spazio del suo campo vibrazionale/energetico.
Faces from the dark propone una (ri)costruzione poetica del corpo dematerializzato attraverso la trasformazione dello spazio espositivo in un “laboratorio” post-umano, in cui entità organiche vengono de-strutturate alla ricerca della loro essenza originaria.
(ascolto in cuffia con amplificazione a bassa frequenza del video-project consigliato)
Installazione realizzata in collaborazione con Piermarco Lunghi per il sound design e con Simone Pucci per la mappatura dello spazio e la realizzazione video.
Filosofa di formazione, performer e artista visiva, Antonella De Sarno viene dal teatro di Pippo Delbono, con cui ha lavorato per anni, e dalla danza contemporanea, esperienze che le hanno trasmesso la necessità di un rigore fisico e concettuale e l’importanza per l’artista di esporsi completamente nella sua verità. Il segno, nella sua forza d’espressione e di comunicazione ha una parte rilevante nel suo linguaggio, l’allestimento di strategie relazionali tra spazio, oggetti e corpi, l’intimo e il sociale osservati e messi in scena sottilmente, sono al centro della sua ricerca.
Altre informazioni su antonelladesarno.com