OPERA IN CONCORSO Sezione Fotografia
L’Arte C’è. Usa il Senso Buono e Votati!
digitale, fine art
67x50 cm.
Arsen Ale
nato/a a Bologna
residenza di lavoro/studio: Zola Predosa (ITALIA)
iscritto/a dal 05 mag 2014
Altre opere
L’Arte C’è. Usa il Senso Buono e Votati!_2 (o Piazza non ancora votabile all’arte)
digitale, fine art
67x50 cm.
Descrizione Opera / Biografia
Descrizione: L’opera non è altro che il prosieguo della prima opera “L’Arte C’è”.
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http://www.premiocombat.it/arsen-ale-82393
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che a sua volta è il prosieguo di una “personale guerra”, sognata, amata e concepita nel 1996, concretizzata un po’, armata e preparata nel 2004 con quest’altra opera
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http://www.premiocombat.it/2013/arsen-ale-38690
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“L’Arte C’è” è un Atto di Fede, un vero e proprio giuramento, che chiunque può fare, su “Bancale ConSacrato”, su “Paletta ArteSantiera”, se davvero ne abbraccia il senso. E’ stata concepita solo 6 ore prima della scadenza, poi prolungata, di questo premio. Volevo presentare un’altra opera, ma essendo molto elaborata non ero riuscito a completarla. E così ho cercato l’essenza della “cosa”, l’essenza della situazione: ho cercato l’Arte, è l’Arte è arrivata.
L’Arte C’è.
E c’è anche quando invece di cercarla decidiamo che ci basta vederla. E allora la vediamo, come appunto nel bancale dell’opera “L’Arte C’è” iniziale, simbolo di tante merci che l’uomo ha creato e ha spostato, ha immagazzinato, ha riciclato, ha buttato e a furia di farlo senza criteri umanistici, senza rispettare norme di sicurezza umanistica a tutela della sua stessa incolumità di Uomo, ci si è ritrovato sopra lui, su quel bancale, pure lui manipolato e movimentato, lui che però, lì sopra, è altra cosa, essendo opera, potendo ancora decidere di cambiare, se da opera finalmente si metterà ad agire. Finché è ancora in tempo, finché lo può ancora fare, finché è ancora in tempo per vedere che l’Arte C’è, la può cercare, sentire o vedere, basta volerlo fare. E farlo senza farsi influenzare dal mondo che non vuole, che non vuole che certe Umane Cose siano Opere e agiscano ad arte nel Senso Buono, quello di chi essendo Altra Cosa, da cosa non si fa trattare, e agisce autonomamente da opera d’arte del Creato quale È, decidendo da sé il Senso Buono delle cose che vuol prendere.
Appena ispiratami-concepita, “L’Arte C’è”, automatico ed inevitabile mi è giunto il ricordo delle tante scritte “Dio c’è” che si leggevano su cartelli stradali, muri, ecc. e che ancora oggi da qualche parte è possibile trovare e che sapevo avere però anche un significato negativo. Avrei potuto dare almeno una dozzina di altri titoli a quell’opera, i titoli arternativi, come li chiamo io, sono una mia specialità (per l’unicizzazione dei Revolver non saprei proprio stimare quanti ne ho già generati, di titoli arternativi…), ma quello che volevo dire più d’ogni altra cosa, pure importante, era in quella frase: “L’Arte C’è”. Poi ho capito, ho capito che quello era solo un altro “step”, legato strettamente all’opera che non ero riuscito a completare: ne aveva la stessa anima e non solo, il bancale infatti è addirittura un pezzo stesso di quell’opera non ultimata, bancale che ne “L’Arte C’è” “tira fuori ancora molto di più, “dà il meglio di sé”, ed anche per questo dico comunque che è stata ispirata-concepita, perché era lì, l’avevo già sospesa nell’aria, ma da solo, prima, non l’avevo ancora afferrata: le idee sono anche nell’aria, ce le mettono gli uomini. E quando sono abbastanza forti diventano concrete, piovendo sugli uomini che ne hanno sete.
Così, felice, quel titolo me lo sono ancor più convintamente tenuto e pensando alle foto che in giro avrei fatto, nulla ho spiegato, visto che sarebbe stato anticipare un’opera: ho già visto che prima di averla fatta, anticiparla non è proprio il caso...
Ora le prime di queste foto le ho fatte, anche se non ancora quelle giuste, che equivalgano alle scritte ”Dio C’è” che campeggiavano sui muri, sui cartelli stradali, ecc., e le ho fatte perché vorrei partisse una grande guerra per riprendersi da tutte le parole, le frasi, i simboli, da ogni cosa astratta o reale, i significati positivi che sono stati loro scientemente, sistematicamente, furbescamente rubati. Come moltissimi sapranno infatti, si diceva che quel “Dio c’è” stesse ad indicare che nella zona in cui la scritta campeggiava, si spacciava. Qualcun altro, ho visto giorni fa su internet, la spiega anche come il marchio apposto per far capire che la zona era/è “presidiata”, aveva/ha un capo-mafia che la controllava o la controlla tutt’ora… In entrambi i casi la scritta sarebbe quindi stata fatta “dalla mano del Male”, che così facendo ha strappato per sempre a quella frase il suo significato migliore, il suo splendore, il suo magnifico potere. Quel significato a me tanto caro, in quanto il primo che gli diedi un’alba di 21 anni fa, quando ancora ignoravo quel secondo significato negativo (che solo dopo alcuni anni da allora avrei appreso), “illuminandomi” pensando che finalmente il significato di quelle scritte l’avevo capito.
Ed infatti l’avevo capito, perché “Dio c’è” ha un solo significato, ed uno solo, meraviglioso e potentissimo. Non importa se poi quel significato è stato appunto deliberatamente, puntualmente, astutamente e malvagiamente rubato, a quella magnifica espressione, dal gesto scaltro di chi è abituato ad usare “tecniche del male”, fra le quali c’è naturalmente la tecnica del camuffamento, la stessa che ha appunto rubato il senso buono ad un numero infinito di espressioni e di cose e che è poi anche una di quelle usate costantemente dai media per attaccare un gruppo, non importa come composto, oppure l’intera società civile, cui viene fatta letteralmente la guerra prendendo parole, frasi e simboli positivi per caricarli di significati negativi: scientificamente, costantemente, cercandoli con astuzia e malizia per annientare qui simboli positivi ovunque si trovino. E così “Dio C’è” ed eventuali espressioni simili dal potenziale positivo esplosivo vengono disinnescate.
Poco importa se l’Arte non è Dio, ma solo un tramite, ed è possibile persino nominarla facilmente senza quel pudore che potrebbe anche venire, eventualmente, a chi parla e nomina qualcosa di cui non sa praticamente niente. La mano del Male, che si è servita di uno spacciatore o di un affiliato del malaffare per strappare, per sempre e a tutti, tutto il bene ed il potere contenuto nella stupenda frase “Dio c’è”, ha impedito fino ad ora di poter usare la frase “L’Arte C’è” in senso davvero positivo e di poterne usare in senso positivo altre come questa, se in qualche modo richiamano alla mente quell’annientata, disinnescata, “Dio c’è”. Io non so se a qualcuno prima di me sia stata mai ispirata la frase “L’Arte C’è”, se qualcuno prima di me l’abbia mai usata e soprattutto se qualcuno abbia mai creduto nella sua forza, nella potenzialità che sono certo ha, di “cambiare il mondo”, innalzando innanzitutto in ciascuno il sentimento di fede in se stesso, nel proprio giudizio, con cui si giudica il mondo che ci circonda ed inevitabilmente poi anche il prossimo; quel sentimento che se c’è inevitabilmente fa pensare all’Uomo come Opera delle Opere, e pertanto superiore, più importante, ad esempio, delle tecnologie, degli stili, delle tecniche, delle apparenze, degli uffici stampa, dei testimonial, di chi o di ciò che è in voga, di quello che si dice via etere o per strada. Io non so appunto se qualcuno abbia mai usato isolatamente la frase “L’Arte C’è” prima di me, e nel caso qualcuno l’abbia fatto, l’abbia fatto anche col significato suddetto. Forse no o forse al contrario qualcuno ci aveva già pensato, ma ha magari rinunciato per via di quel secondo significato negativo che avrebbe avuto, per via di quel Senso Buono rubato.
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Ma questo era ieri ed anche se è tardi è comunque possibile dire basta e rimettere a posto le cose, restituendo il significato positivo a tutte le parole, frasi, simboli ed oggetti ai quali lo stesso è stato rubato, per riprendersi la forza positiva che quelle cose sono in grado di dare. Ora è tempo di smetterla di farsi fregare o di capire solamente, riflettendo, ma senza fare niente. E’ tempo di riprendersi quel Bene, girando nuovamente tutti i simboli girati dal Male precedentemente. I modi sono infiniti, quei simboli anche, sebbene entrambi possano a volte essere tutt’altro che immediati. Ogni volta che incontriamo qualcosa che ha un significato negativo provare a girarlo, a ribaltarlo, per restituire a quella cosa il suo significato positivo, quel Senso Buono che è l’unico in grado di ridare forza ad un Uomo che quel bancale ha stremato. Questo è il significato della guerra di Fede dell’Arte C’è e del principio del Senso Buono, nonché degli Scatti del Senso Buono, che dovranno seguire. RiScattare: riprendersi il bene rubato alle cose e alle parole. Anche questo è un modo per riprendersi la Libertà: liberare le cose dal male, liberarne i significati positivi che il male ha imprigionato per liberarsi a propria volta e riacquistare quel bene rubato. Parola dopo parola, frase dopo frase, simbolo dopo simbolo, oggetto dopo oggetto: a piccoli passi, ma che se verranno un po’ da tutti, restituiranno l’Uomo alla sua dimensione naturale, che non è quella di un oggetto.
Questo è anche il motivo di uno dei titoli arternativi: “RiScattiAmo”. Sono riscatti infatti, questi ribaltamenti richiesti, che si dovranno pagare e costeranno cari, ma non c’è altro modo per riacquistare davvero quei significati positivi andati perduti, il più delle volte, appunto, rubati. Passare dall’arte in questi casi è normale: è la risorsa che più di ogni altra può aiutare, anche se magari costerà cara. È anche per questo, che l’arte non ha prezzo.
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E’ un compito arduo, che richiederà l’apporto di tutti, ognuno con diversi mezzi, anche i più strani e fantasiosi. Non riuscire a liberare quei significati positivi prigionieri significherà per l’Uomo rimanere prigioniero, a sua volta, sul bancale, e quindi non certo opera d’arte che ci può scendere e salire un po’ a piacere, perché anche in lei l’Arte C’è ed in armonia con il principio dell’Arte C’è è il suo operare, bensì, appunto, come prigioniero a sua volta, come uomo da bancale, magari addirittura orgoglioso, a cui magari piace e continuerà a piacere starsene sul suo piedistallo, senza aspirare ad abbracciare la Fede nell’Arte e diventare quell’Opera delle Opere per cui è nato.
Se gli uomini oggi sono su quel mucchio di palle(t), come merci qualsiasi, nemmeno speciali, e come tali vengono comprati e venduti, spesso svenduti, spesso in stock, spostati, immagazzinati, rottamati o tutt’al più a fatica riciclati, in forme d’uomo di qualità inferiore, è anche perché i significati positivi delle cose sono stati rubati e non ci sono quasi più significati positivi in giro, che li facciano pensare a cose positive per Loro Stessi, intesi come Uomini, esseri viventi che nulla hanno da spartire con le merci da scaffale. Gli unici rimasti, di significati positivi, sono le solite tre parole, “sole”, “cuore” e “amore”, che non a caso sentiamo ripetere a tutte le ore e declinare in tutte le salse, perché non ce ne sono rimaste altre, di parole, per nutrire un Uomo che mangia idee preconfezionate, biascica significanti infarciti di significati andati al Male, fa indigestione di valori falsati, completamente manipolati, e finisce letteralmente per strozzarsi con ideali dall’etichetta fuorviante, come tutte le etichette sanno essere.
E per mandare giù tutta quella roba beve, beve ogni cosa, ma non può fidarsi nemmeno più di quel che beve, se non ha etichetta, e di conseguenza non ha più il coraggio di scegliere autonomamente alcuna altra cosa pura, se non ha appunto l’etichetta bugiardina che gli garantisce che è buona. Di sua sponte, ormai, non sceglie realmente più niente.
E’ il primo a trattare gli altri uomini come merce, vuole leggerne il codice, il più delle volte per far prima e non sforzarsi nella lettura vuole spararlo, e non controlla di certo che il risultato restituito non sia sballato. E’ inevitabile che come merce venga poi a sua volta trattato. Il trattamento riservato una volta solo alle merci è stato girato: da necessità è diventato piacere: c’è chi sta chino sui banconi del supermercato per ore. Quella è diventata la sua cultura generale, il suo piacere prediletto. E così, quando l’uomo da bancale esce dall’ipermercato, con gli altri uomini fa uguale. Pretende ridicolmente di tracciare tutto, per lui ormai è un piacere. No etichetta bugiardina, no comprare. Prima sparare cammello, poi comprare.
Chissà se anche l’Arte, la riesce a tracciare. Comunque ci prova, già: l’uomo da bancale la cerca sullo scaffale. E’ normale, ormai per tutte le cose è così che è abituato a fare e non ci crede che si possa trovare altrove, magari, come l’aria, ancora gratis per lui, perché qualcun altro l’ha già pagata, a qualcun altro è già mancata.
E’ anche per questo che l’Arte è un allenamento fondamentale, da riprendere e da diffondere come meglio si può fare. La si chiami educazione all’arte, come qualcuno preferisce fare, o magari combinazione di fede e allenamento, testa e cuore, senza lasciare che sull’espressione prevalga mai il mestiere, come io preferirei fare, l’importante è che l’arte si possa sdoganare, e per il mondo possa andare: per diffondere il suo verbo, che è senz’altro capace di elevazione generale.
Intanto però, anche quelle tre parole in croce rimaste, sole, cuore e amore, a furia di usarle per scarsità o anche qui perché il Male le vuole annientare, usandole per indicare cose di ben altro valore, perdono tutto il loro potere, tutto il loro sale: e va bene così, visto che ci hanno convinti che il sale fa male e il salario pure. Che i valori estremi, i gusti decisi, forti, non sono sani. Che un formaggio non a norma non è normale, e lo stesso vale per l’uomo da bancale.
La parola biodiversità è da preservare, è da rispettare, fa rima con Libertà. La standardizzazione è un processo che non si addice all’Uomo, non si addice ai diritti, non si addice all’Arte in cui tutto si rispecchia, e nel momento stesso in cui si rispecchia un quadro di simile schifezza, quella stessa arte dovrebbe impugnare le sue, di arti. E senz’altro lo farà: con un po’ più di coraggio e decisione, con un po’ più di fedeltà alla società. Perché L’Arte C’è. L’Arte che è guardia della società interviene, per far capire che ancora c’è, e ci sarà, per chi lo vuole, se l’Uomo lo vorrà. Meglio però se l’Uomo la vuole ora, in fretta, senza giocare al suo massacro, quasi volesse vedere se l’Arte può finire.
L’Arte reagisce. Per far in modo che l’Uomo rimanga sempre, fra tutte, l’opera più grande. L’opera alla quale vengono dedicate le altre opere e non diventi mai lui, opera al servizio delle altre.
L’Arte reagisce e deve sempre di più reagire, perché naturalmente è alle caserme delle Guardie dell’Arte che la società si rivolge quando viene posta sotto assedio, quando vengono minacciate la sua civiltà, la sua democrazia, il suo grado di giustizia e libertà, la sua stessa integrità.
Ora è tardi, ma “meglio tardi che mai” è frase giusta, dai. Tutto quel che si può fare ora però, giunti a questo punto, è solo suonare l’Allarme Generale, affinché tutti escano in strada, lo possano sentire e inizino a lottare, tra le varie cose, anche per far scendere in strada pure l’arte. Tutta la gente cosiddetta civile, che ha qui l’occasione per dimostrare il suo grado di civiltà, anche interrompendo il suo quotidiano spostarsi e lavorarsi sul bancale, come fosse sciopero per la difesa dei diritti dell’Uomo e del Civile.
È tempo di reagire, anche se è tardi da morire. È tempo di ascoltare e di vedere, di rigirare tutte le cose girate dal Male, che fanno male da morire. Ed anche questo lo s’è potuto materialmente vedere…
Non ci si può più permettere che l’arte venga a mancare
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È tempo di riprendersi tutti i significati positivi delle cose che a quelle stesse cose sono stati rubati. Perché L’Arte C’è, ed ha uno e un solo significato, che va riconquistato, al pari del suo alto scopo, che va anch’esso diffuso: scrivendolo sui cartelli, sui bancali, sui muri. È una fusione di pensieri e di sentire che dipingono una guerra che non può aspettare. Impossibile non vedere che c’è di nuovo un uomo, oggi, crocifisso, inchiodato ad un bancale. Ma si può recuperare, seppure si debba autorecuperare, nessuno lo può aiutare. Lo può fare seguendo l’arte, perché l’Arte C’è. Un percorso lungo e faticoso; recuperare, sottolineare i Sensi Buoni delle cose, affinché se ne generino poi altre di buone cose. Contro il dilagare dei sensi andati al male, delle notizie che fanno male, perché non si deve fa sapere che si può “stare bene”, che si può star di certo molto meglio, all’uomo da bancale da sfruttare. L’Arte può aiutare, pochi altri modi per potersi liberare ha a disposizione oggi l’uomo da bancale. Il recupero del Senso Buono è un modo che egli ha per cercare di sottrarsi al suo eterno girare, al suo differenziarsi, riciclarsi, buttarsi, per tornare ad essere “Prodotto” Superiore, ossia mai un prodotto, ma un Essere.
Ci vuole una campagna si sensibilizzazione fatta ad arte, una campagna pubblicitaria di Arte Progresso, fatta di affissioni e di tutto il resto, per aiutare ad allenare testa e cuore. L’Arte C’è, e il Senso Buono è una direzione per saper dov’è. Il resto tocca a ciascuno singolarmente, col suo modo di pensare, agire, giudicare, scegliere e inventare. Prendere o buttare. In ballo c’è l’uomo da bancale da recuperare. Un uomo che oggi mente, finge autonomia mentale quando invece tutto quel che fa veramente, è non fidarsi più di niente: nemmeno del suo sentire e della sua mente. Cerca di usare il Buon Senso, ma quello non basta per scappare dal bancale, può solo servire per cercarsi una scatola migliore, una posizione più riparata: rispetto a quello che c’è in ballo, queste migliorie son poca cosa. Il buon senso non serve per davvero.
Non quando una guerra tutto ha rotto
comprato e corrotto
e non c’è più nulla di sincero.
Il buon senso è il senso di una vecchia era
quella nuova è un’era sconosciuta
in cui il buon senso più di tanto non aiuta
Il buon senso è un senso unico
che ostacola e impedisce la circolazione
di tutti i mezzi, anche strani
che ai suddetti problemi
seppur in un lungo periodo
porteranno soluzioni.
Quei mezzi che del Senso Buono
sono gli artistici portatori
devono potere circolare ovunque
perché sono i veri portavalori.
Liberi di circolare in ogni mente
e liberi anche in strada, fisicamente
I mezzi del Senso Buono
sono i portavalori dell’uomo da bancale
che dal bancale si vuole liberare.
E vengano pure le casalinghe di Voghera a protestare
i perbenisti prontamente a scrivere
a tutte le rubriche di giornale
quelle per gli sfoghi dei pensionati di quartiere
da briscola e tressette a tutte le ore
mentre fuori tutto muore…
Corrano pure lor signori a denunciare
che i muri non si possono imbrattare
E nel frattempo, attorno, tutto muore.
Piombino pure i carabinieri ad arrestare
quei pericolosi delinquenti accusati di istigare
quei massimi pericoli pubblici
la cui unica colpa, il loro scopo
è quella di volere liberare l’Uomo
affinché possa riprendersi il senso delle cose
e del vivere, il potere del Bene sul Male
mentre i delinquenti veri, nel frattempo
vengono lasciati liberi di uccidere a tutto campo
S’affrettino pure i giudici a condannare all’ergastolo
quei delinquenti terroristi kamikaze
con quegli strani ideali assurdi di giustizia e libertà
che vanno in giro imbottiti di arte e bombolette.
Quante cazzate maledette
ma che essendo bene dette
vengono credute benedette.
L’Arte C’è. Scrivilo sui muri
sui cartelli del potere
Scrivi gli allarmi che non puoi suonare
Ruba i significati al Male,
riprenditi tutti i significati positivi
che ha rubato il Male a quelli che sono ancora vivi:
Riprenditeli da ogni parola, frase, simbolo
da ogni cosa che puoi vedere, che puoi sentire
Inventati qualsiasi cosa
per riprenderti il significato positivo delle cose andate al male.
E quando non saprai come poterlo fare
sali magari su quel bancale
abbia Fede il tuo sentire:
chiedi all’Arte
e l’Arte ti saprà dare
Perché L’Arte C’è
Il Buon Senso non basta
la logica non basta
quando la società è irrimediabilmente guasta
compromessa e non più libera
male detta, ed anche per questo maledetta.
Bisogna andare oltre la facciata
perché la Libertà non è un sogno
la Libertà, per l’Uomo, è un bisogno
Nessuno deve poter scrivere sui muri
perché vanno abbattuti tutti, i muri
i muri eretti e preservati lindi e puliti
con parole male dette
e leggi-male fatte
Maledette malefatte!
E qualcuno poi pretenderebbe
che addirittura non si dubitasse
che lo scopo di quei solerti pittori
campioni di prevenzione e di restaurazione
possa essere ben altro
che quello di preservare gli altrui muri
Il Buon Senso non basta
bisogna andare oltre
e aprire le porte dell’Arte
La Libertà per l’Uomo è un bisogno:
bisogna usare il Senso Buono.
Quasi come fosse un gioco
non importa quale sia poi il modo:
una parola nuova o una frase
uno spettacolo oppure un nuovo motto
un nuovo servizio o un nuovo prodotto
Quel che importa
è che sia un serio gioco
con costanza giocato
L’uomo da bancale
è imballato con parole, spettacoli e frasi
merci e servizi: questi mezzi
li deve usare tutti, nel suo ribAltare
se dal bancale vuol scappare
quel bancale sul quale posson scriver tutti
tranne lui: per lui non ci son più spazi.
E non basta nemmeno più buttarsi in “mare”, ormai:
finisce a fondo con il suo bancale
tra quelli che si fanno i cazzi loro
o gratuitamente lo mandano a cag..e
e quelli che son pagati per farsi i cazzi suoi
e poi, naturalmente senza dirglielo
cara gliela fan pagare
per ogni cosa che non doveva dire
o non doveva fare.
Libertà o Arte
Ovunque s’annidi un significato andato al male
RIBALTARE!
E il bancale-altare
se si ha Fede nell’Arte
potrebbe anche aiutare
Un serio giocare
per liberare l’uomo da bancale.
Libertà o arte
Arte o morte
Il Senso Buono
se lo vuole l’Uomo
pArte.
E anche questa è arte.
E il Senso C’è.
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NOTE DI PERCORSO
1) Mi fa piacere aver visto che qualcun altro ha avuto l’idea di usare gli spazi liberi dei cartelloni pubblicitari per lanciare messaggi, per dedicarli all’arte. Ho imparato solo ieri, anche nella mia stessa città: ho pensato per un attimo di non attaccare più il manifesto dell’Arte C’è, ma poi ho capito che era solo il solito effetto delle idee e dell’arte che sono spesso nell’aria e ho capito che quel manifesto era “Arte C’è” ancora più di quanto prima lo credessi soltanto da me. L’arte sui cartelloni pubblicitari è un’idea in cui ho sempre creduto, che avrei sempre desiderato veder realizzata. Negli anni ne ho anche fotografati diversi, di cartelloni vuoti, anche 5 o 6 cartelloni 6x3 tutti vuoti e tutti in fila, tutti “spazio disponibile”, “può essere tuo” e via dicendo. Emblema che non ha bisogno di altre parole per testimoniare la situazione economica di questo Stivale, anche se è vero che ne hanno aggiunti negli anni tanti, abusivi, pare, quasi tutti quanti. Vero che hanno sempre avuto prezzi alti, ma è vero anche che sono solo prezzi di listino e senz’altro avranno anche aggiunto altri sconti agli sconti usuali, ma ancora tanti sono appunto lì, affinché la luna possa specchiare i suoi chiari. A ricordare a tutti comunque che forse, o probabilmente, i motivi non sono del tutto chiari… Sono “poeticamente” bianchi, arrugginiti o riflettenti: stanno male, sono avvilenti. Anche quando sono décollage, rimangono deprimenti opere fin troppo à la page. O il coraggio di toglierli, così si torna a godere un po’ di più dei paesaggi e si dimentica un po’la deindustrializzazione forzata imposta a questo paese o li si usi per messaggi che abbiano qualcosa da dire. Qualcuno vuoto ogni tanto può bastare, per ricordare all’uomo da bancale di non essere superficiale. Il resto venga usato ad arte, in Senso Buono, per affliggere il male ed affiggere costruttive idee per cambiare. Anche progetti di demolizione, se sono indispensabili per la ricostruzione. Alla fin fine si parla di diritti di concessione dati affinché quei cartelloni vengano usati: se restano bianchi, magari anche a lungo, non sono un legale, ma direi che c’è qualche clausola in quei contratti di contratti di concessione da rivedere…. E comunque, quando sono liberi, dovrebbero esserlo veramente, fosse anche per un’ora solamente, diversamente la società paga col paesaggio deturpato, che dell’Arte C’è impedisce di cogliere il significato e in cambio non ottiene niente. Formalismi e tecnicismi sono standard per uomini da bancale che della loro condizione innaturale e di dette scuse si sono ormai stancati. Uomini da bancale ormai incazzati.
L’uomo non è merce, e la sua arte ha diritto ad avere un posto sulla sua strada. Diversamente non sarà una strada di vero Progresso. Il progresso è una Fede, come l’Arte. Ed entrambe in comune hanno l’Uomo. Non sono in antitesi, al contrario, avendo entrambe nell’Uomo la loro sintesi, la loro concretizzazione
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Li si usino con Fede, quei cartelloni, anche senza esagerare, non serve: volendo, “L’Arte C’è” e null’altro, assolutamente può bastare.
2) Purtroppo ormai, quelli che hanno fatto almeno una guerra, hanno già preso commiato, l’uomo da bancale l’han già salutato. Ritrovarsi un muro imbrattato, in un mondo stupendamente pulito, che su questo pianeta può solo esser sognato, può lasciare qualcuno irritato, e ciò può anche esser compreso, ma in una società sotto assedio, in guerra letteralmente con un 2000 che di quanto promesso non ha mantenuto niente, quell’irritato benpensante diventa altrettanto irritante. E non per niente. L’Arte C’è, e quando c’è fa paura, per questo un muro imbrattato, in realtà usato ad arte, almeno nel gesto, nel modo, e non di rado anche con espressione e tecnica d’arte, viene punito proporzionalmente 1000 volte più severamente rispetto a chi ruba milioni o decide della tua morte. Un anno di galera per un po’ di colore - magari anche bello, che parla al cuore e da ammirare -o per un’idea su cui pensare? Roba da sparare, su quel muro, perché altro non sono che spari a priori, certe leggi sparate alla cazzo da chi si fotte di paura, all’idea che un’Arte Libera possa circolare senza censura. Un muro virtuale si può anche controllare, in un modo o nell’altro e in futuro ancora di più, e di molto, ma un muro fisico no, e allora ci si spara sopra, mettendo al muro a priori chi pensa che sotto assedio potrebbe usarlo per chiedere aiuto, che molto più spesso è il grido di allarme o l’indicazione di un rifugio, che potrebbe aiutare più gli altri che lui stesso, writer derelitto del delitto, fucilato al muro d’arte imbrattato e ad arte trattato.
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Forse è il caso di autodanneggiarsele quelle facciate, per ricostruirsi facciate davvero pulite, sempre se si ha qualcosa da dire, il che non sembra, a quanto pare. Sempre se si è ancora liberi e non ci si accontenta di una libertà di facciata.
Ma purtroppo, quelli che hanno vissuto attivamente almeno una guerra, hanno già salutato. E questo lo abbiamo pagato. Vien quasi da pensare che qualcuno ha forse addirittura aspettato. “L’arte di vivere” è un altro senso sbagliato, “vivere ad arte” è quello che va preservato. Ricordiamocelo. Per farlo, scriviamolo.
Scriviamocelo da soli, sui muri.
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Eh già, perché c’è da chiedersi come si fa. Come si fa a fidarsi di un proprietario che in guerra non ha alcun motto, alcuna frase sopra la sua porta, sulla sua muraglia. Evidentemente per lui non è in corso alcuna battaglia…. Mmmhhh, la cosa appare quantomeno sospetta, se fossi in lui prenderei immediatamente una bomb…oletta….
3) Se i concessionari cui sono stati concessi i detti cartelloni, o gli stessi comuni, hanno difficoltà a coprire i loro circuiti non sarebbe male se li cominciassero ad usare per concederli all’arte al limite vedendo se con il crowdfunding si potrebbero vendere, fermo restando quanto detto rispetto al patto di concessione, a parer mio non del tutto rispettato quando il cartellone è vuoto. Chiamateli come vi pare, ma date il modo a tutti di partecipare per poterli comprare, quegli spazi, e all’arte poterli destinare. Visto che poi l’arte non ha prezzo, se fossero invece gratuiti si pagherebbe senz’altro volentieri il prezzo di un altro po’ di perduto paesaggio, tanto ormai l’abbiamo cancellato da un pezzo, cartolarizzato e svenduto pure questo, riacquistabile ormai solo a caro prezzo. Cosa sarà mai un altro po’ di deficit di paesaggio creato per avere cartelloni creati per l’arte che spezzino il monopolio dei cartelli creati ad arte?
Comunque non servono muri, bastano cartelloni. La guerra di libertà si può fare anche senza firmare i muri: lascino un po’ di cartelloni per quelli buoni, almeno per continuare a farceli stare, buoni. E se quegli spazi liberi spariranno d’incanto, così, in un battibaleno, o se colte da ingiustificato rimorso non vi saranno più aziende con il coraggio di coprire un cartellone che ospita arte (anche se questa è un’ipotesi puramente accademica, valutata solamente per massima serietà e rispetto di tutti, perché l’arte in strada va realizzata: non è una sparata ed è esattamente l’opposto dell’assurdità, alla quale rischia invece di assomigliare l’attuale realtà), allora se ne aggiunga un altro abusivo 10%, di cartelloni da dedicare alle artistiche negate espressioni, che non si vedrà nemmeno, visto che l’abusivismo regna sovrano(o forse si vedrà fin troppo, ma non sarà per motivi di leso paesaggio).
4) Se poi anche gli amministratori comunali o i proprietari degli ormai tanti immobili abbandonati nelle periferie e nei quartieri, facessero altrettanto, non sarebbe male... Restauri ad arte. Nel Senso Buono. Sarebbe arte di proprietà di tutti, fruita da tutti: tranne i soliti che usano i sensi male, tutti ci si potrebbe guadagnare. “L’Arte C’è”, basta volere.
5) Scusate se per qualcuno uso un po’ troppe virgole, ma anche la virgola per me è un concetto da ribaltare. Se avessi un cane saprei come chiamarlo, per potermene ricordare. Se facessi il gioielliere farei ciondoli a virgola in quantità industriale, affinché si possano distribuire ovunque, persino regalare. A Natale, poi, fosse per me farei l’albero con le punteggiature, altro che palle! E invece le abbiamo quasi perdute, ce le siamo mangiate, e nemmeno Un pasticciere che ci faccia consolare. Forse le parole pesano sempre meno anche perché abbiamo tolto le virgole, dal piatto della bilancia pesa senso personale. Lo abbiamo fatto usando il buon senso, è naturale: bisogna correre, fare in fretta, pesare in fretta, quindi abbiamo pensato che erano da eliminare. Ma abbiamo sbagliato: non è il buon senso, ma il Senso Buono che andava seguito. Abbiamo prestato il fianco al male, come perfetti uomini da bancale.
Note biografiche.
Ho un background tecnico-imprenditoriale. Poetica e un pò d’etica me li ritrovo dalla nascita, come creatività e creattività: tutta roba che non aiuta di certo molto a vivere in questa società e forse anche per questo, nel bel mezzo di nostra vita, mi sono ritrovato sulla strada dell’arte, per sfuggire la morte, e per procurarmi armi per una guerra che solo recentemente, attorno, è stata sferrata. Io ormai mi sono perso su un’altra strada, le guerre per la democratizzazione della finanza e dell’arte mi vedono ballare coi lupi, quelli che dicono di avere dei crediti. Ora vi partecipo come posso e spero che tutti faccian lo stesso.
Energia, crowdfunding, arte: tre vie per sfuggire alla morte. Ora sto abbracciando l’ultima, perché comunque rimane la prima, di ogni uomo, e di ogni battaglia, la spina. Salvezza dell’anima. O sua rovina. Dipenderà dall’esito di quelle tre guerre. Dai gradi di Libertà con cui l’Uomo, da quelle tre guerre, uscirà. Uomo guardati le spalle. E le s(palline).
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Opera inviata in modalità riservata in data 5 Maggio 2014, pubblicata su richiesta in data 12 Maggio 2014.