Descrizione Opera / Biografia
Cicàdidi (dal latino cicāda, cicala-famiglia d’Insetti Emitteri ), è il titolo di un ciclo di opere in cite specific nate intorno alla riflessione sulla circolarità del tempo e sui ritmi circadiani, di cui fanno parte disegni, ologrammi, light box e stampe 3D. Una ricerca in fieri, attraverso la quale affronto la tensione tra natura e artificio, la relazione tra memoria acustica e immaginario, analizzando il paesaggio sonoro del frinire delle cicale, a partire dal ricordo. “Cantano come se non ci fosse un domani, cantano per amore”. Questo è il principio e la genesi dell’opera, volta a indagare il delicato equilibrio: la precarietà tra uomo e natura, l’enigma dell’esistenza guardando il microscopico mondo degli insetti. Impalpabile come il canto delle cicale, ma in grado di spingere il corpo ai limiti, ponendo al centro di tutto l’amore fino alla morte. L’onda sonora è l’impulso creativo esercitato dalla passione, il motore della vita e dell’arte. Il frinire è prodotto direttamente dalle ossa, per stridulazione delle cartilagini, ed è inteso nell’opera, come il mezzo di trasmissione dell’energia vitale: è il richiamo amoroso che ritma e scandisce il vivere quotidiano di questi insetti. Realizzate mediante la combinazione di più processi di elaborazione digitale e sonora: dalla registrazione e campionatura del cicalio, avvenuta dall’alba al crepuscolo, all’elaborazione grafica vettoriale per la stampa retro illuminata, ed infine all’estrusione del suono in volume, con la stampa 3D. Oltre tremila metri di ologramma in strisce sospese al soffitto, catturano la luce e la scompongono nei colori dello spettro a diverse frequenze, riproducendo la stessa capacità del tessuto alare dell’insetto, di trattenere la luce visibile. La forma viene riconsiderata attraverso le sue emanazioni sottili, all’intensità radiante dell’energia grazie alla spazialità della luce e al riverbero del suono, insieme a un sistema audio immersivo studiato appositamente per lo spazio. La lunghezza d’onda compresa fra 450 e 750 nanometri, forma diversi angoli di incidenza ed effetti multipli di riflesso e dispersione, rendendo lo spazio architettonico un ambiente mutevole e in grado di attraversare gli stati della materia. Come in un coro di voci, il suono, ritmato dalla luce, è anche memoria di un paesaggio che cambia, traccia lo spazio liminale in cui il rito e il mito ritornano ad una realtà che deve riflettere sul valore del tempo e sulle conseguenze dei cambiamenti climatici per l’ambiente.
BIOGRAFIA
Giuliana Storino (Sava TA, 1986).
È docente di Anatomia Artistica all’Accademia di Belle Arti di Brera e insegna Illustrazione scientifica e Tecniche extramediali. Ha conseguito il Diploma di laurea di 1° e 2° Livello all’Accademia di Belle Arti di Brera, in Arti Visive con indirizzo Pittura con votazione di 110/110 e lode. Ha esposto in Gallerie e Istituzioni museali in Italia e all’estero. Il suo lavoro è presente in numerose Collezioni pubbliche e private. Tra gli ultimi riconoscimenti e Premi è vincitrice del WeArtWorldwide, (2024) No Title Gallery e Crea Cantieri del Contemporaneo, Venezia. Ḕ stata vincitrice del Talents -Best of 2022, diretto da Francesca Canfora, Cavallerizza, Torino. È stata ammessa alla selezione pubblica per dossier d’archivio Premio WONDERFUL (2021), Museo Novecento di Firenze & MUSE. Ḕ tra i finalisti del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee (2018). Premio Combat, segnalazione di giuria (2018) Premio Cramum, terza classificata IV° ediz, (2016) Fondazione Giorgio Pardi, Palazzo Isimbardi, Milano.
Vince il Premio Autofocus 7 (2015),Torino. Vince il Premio Maccagno, (2014) Comune di Maccagno (Va). Vince il Premio Terre lontane (2012) Vince il Premio Ricoh (2011), Spazio Oberdan Milano. Vince il 1° premio Le metafore del risparmio, (2011) Assogestioni, Università Bocconi, Milano. Tra le recenti mostre personali Cavalletto a dondolo, l’istante vuoto, (2022) a cura di Alessandro Mescoli, CRAC di Castelnuovo Rangone (MO). Il sole è nuovo ogni giorno, (2021) a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Museo Archeologico di Santa Scolastica, Bari. L’arabesco del tempo, (2018) a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Museo Villa Brandolini, Pieve di Soligo (Tv). Caduta libera, (2015) a cura di Olga Gambari, spazio VANNI, Torino. Vive e lavora a Milano.