Descrizione Opera / Biografia
”Nefes” Frequenze invisibili
Nefes, dal persiano e dall’arabo nafas, evoca il soffio dello spirito, principio invisibile che attraversa la vita. La scultura si articola attorno a un portale, soglia tra il visibile e l’invisibile. In alto, sulla sommità del portale, una maschera vigila silenziosa: ricorda un antico archetipo, il “guardiano della soglia”, figura che abita il confine tra il mondo ordinario e quello straordinario. Al centro, un bambino, nudo e ieratico, regge uno strumento enigmatico: un dispositivo di rivelazione dove il suono si fa presenza, memoria, invocazione.
La scultura non è solo forma da contemplare, ma esperienza da attraversare. Al passaggio dell’osservatore, una fotocellula nascosta nello strumento attiva un paesaggio sonoro composto dall’artista: suoni ancestrali, evocativi, simbolici, che affiorano come echi di rituali remoti, memorie arcaiche dell’umanità. In quell’istante, la figura si trasforma: non è più soltanto un bambino, ma un custode del suono, un tramite tra ciò che si intuisce e ciò che lentamente si apre nell’ascolto profondo.
Il regolatore di volume è un varco simbolico tra il silenzio e la rivelazione. Questo gesto apre alla possibilità di un ascolto interiore, di una sintonia con ciò che normalmente resta sommerso. Come scrive Carl Gustav Jung, “chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia”.
Regolarne l’intensità significa scegliere il grado di apertura a questa voce profonda, lasciar risuonare dentro di sé ciò che non si sente ma insiste, come una chiamata sottile, come un soffio antico che attende di essere riconosciuto.
L’interazione dell’osservatore attiva l’opera e ne svela il cuore segreto: Nefes non è solo ciò che si vede o si ascolta, ma ciò che si risveglia nell’incontro. È una soglia sonora e simbolica che interroga sul potere generativo del soffio, sul ruolo dell’arte come spazio di ascolto, e sulla necessità di ritrovare un ritmo originario, perduto eppure presente in ognuno di noi.
Biografia:
Giovanni Zoda (Catania, 1980) vive e lavora a Milano. La sua formazione artistica si sviluppa all’Accademia di Belle Arti della sua città natale, dove si laurea, per poi proseguire con un Master in Arte per la liturgia presso il Museo Stauròs di San Gabriele, Isola del Gran Sasso (TE). Prosegue gli studi con un Dottorato di ricerca in Arti e Multimedia presso l’Università di Enna. Questo percorso accademico riflette una ricerca che intreccia dimensione spirituale, linguaggi visivi e sperimentazione multimediale.
Dal 2003 partecipa a numerose mostre collettive, in Italia e all’estero, distinguendosi per la coerenza di una poetica che coniuga simbolismo e interrogazione interiore. Tre mostre personali contraddistinguono il suo percorso artistico: Lontananze (2009, Galleria Il Polittico, Roma) e La visione e il viaggio (2013, Galleria Studio A, Catania), entrambe curate da Liborio Termine e corredate da catalogo, e Sexus (2022, Centro di Ricerca Psicoanalitica Jonas, Milano), accompagnata da un testo di Andrea Panìco. Quest’ultima mostra segna un ulteriore approfondimento del dialogo tra immagine e inconscio.
Le sue opere sono state esposte in sedi prestigiose, tra cui la 54ª Biennale di Venezia (a cura di Vittorio Sgarbi), il Museo della Permanente e il PAC di Milano, le Scuderie Aldobrandini di Frascati, la Reggia di Caserta, il Museo Sølyst di Copenaghen e il Château du Terral in Francia.
Nel 2018, in collaborazione con il designer Cleto Munari per Treccani, elabora la Penna Rossini, per la quale realizza un intervento pittorico che reinterpreta le scenografie storiche del Guglielmo Tell, coniugando l’oggetto d’arte alla narrazione lirica e teatrale.