OPERA IN CONCORSO | Sezione Scultura/Installazione

 | “LIQUEFAZIÓNE”

“LIQUEFAZIÓNE”
audio installazione assemblaggio di materiali vari, immagini stampate su organza, listelli di legno, viti a cannocchiale e lettore mp3 con cuffie
dimensione massima 300x300x270 cm, variabile e riducibile in base allo spazio disponibile

Federica Gonnelli

nato/a a Firenze
residenza di lavoro/studio: Campi Bisenzio, ITALIA


iscritto/a dal 05 mag 2023

http://www.federicagonnelli.it


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Descrizione Opera / Biografia


Nello specifico del progetto, ciò che interessa a Federica è l’uso comune del termine liquefazióne a partire dal riferimento – o sarebbe meglio dire pretesto – alla ritualità religiosa, ma non solo, tramite un oggetto: una statuetta del presepe – un bambinello di cera – rappresentativa e ricorrente nella sua ricerca. Tale riflessione è ampliata, ponendosi spesso anche in antitesi al saggio “La scomparsa dei riti – una topologia del presente”, di Byung-Chul Han, Edizioni Nottetempo, Milano 2021. Il rito, la ritualità e gli oggetti ad essa collegati hanno la funzione di mezzo di contrasto attraverso il quale guardare più nettamente il nostro quotidiano e mettere in luce più chiaramente il nostro presente, come afferma nell’avvertenza Han, ma nell’ambito del progetto “Liquefazióne” tutto questo avviene in negativo, per assenza, per mancanza di un rito, di una ritualità e di conseguenza di un simbolo che ne è alla base. L’artista ha raccolto delle testimonianze vocali circa il tema del rito, dei rituali e sulla loro mancanza o perdita: un rito, un rituale serve per trasmettere un significato emotivo a un’azione e scandire il ritmo di iter temporali, sociali o biografici. Successivamente le testimonianze trasformate in una traccia audio, sono ascoltabili all’interno dell’installazione. Ciò che è udibile, non è la voce originale, ma un insieme di suoni, un’orma, un’ombra liquefatta delle testimonianze condivise, un ritmo creato e modulato in base a esse grazie a un sensore. Ogni testimonianza reale è rimasta quindi tra l’artista e il visitatore, anonima e il suo contenuto non riconoscibile. Nell’installazione dell’artista ricorrono rimandi al mondo e al catalogo della storia antropologica dell’uomo, interpretando l’atto di guardare e ascoltare come una sfida alla presenza: quella del visitatore e quella dell’artista stessa che indaga l’impronta della nostra esistenza. Nel mondo di Federica il tema dell’apparenza e della necessaria rieducazione affettiva dello sguardo è così centrale da dare corpo stesso all’installazione. “Liquefazióne” è in senso più ampio il dissolvimento, lo straniamento, la delocalizzazione, l’alterazione di un simbolo che diventa qualcosa di altro. “Liquefazióne” travalica ciò che sembra – non è ciò che sembra; la profonda frattura tra queste due possibilità dell’essere non permette alcun riconoscimento, perché non possiamo conoscere gli elementi presentati come già noti. Han cita un brano de “L’attualità del bello”, per il quale riconoscere non è vedere qualcosa per la prima volta e neppure in un susseguirsi di visioni. Il riconoscimento, parafrasando Gadamer, avviene quando, al di là di una prima presa di coscienza, l’osservatore eleva ciò che osserva a ideale, modello, simbolo e riferimento al quale rapportarsi. In ogni opera dell’artista il tempo del vedere per la prima volta si prolunga e di conseguenza il momento del riconoscimento è posticipato sempre più avanti, acquistando una centralità in quanto processo di conoscenza, ogni percorso riconoscitivo e interpretativo finisce per supporne un altro, così che non possa mai dirsi completamente esaurita la lettura. Il senso dell’opera viene così a trovarsi nel tempo che precede il riconoscimento, nella stratificazione di trasparenze e deve lasciarsi attraversare. Un riconoscimento, una conclusione infinita, impossibile, che a differenza di quanto afferma Byung-Chul Han, crea secondo Federica l’esperienza della durata in un mondo dove tutto è effimero.
Federica Gonnelli (Firenze, 1981) frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Vive e lavora al confine tra Firenze e Prato, dove dal 2011 apre “InCUBOAzione”. Confine che caratterizza il suo percorso, attuando una ricerca al limite tra le discipline. Ogni velo d’organza o fotografia a doppia esposizione sono determinanti elementi che concorrono nella significazione dell’opera, imponendo agli osservatori uno slancio per varcare a loro volta il confine. Dal 2001 espone in personali, collettive e concorsi. Nel 2006 consegue la laurea, con la tesi “L’Arte & L’Abito”. Nel 2013 consegue la specializzazione in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi, con la tesi “Videoinstallazioni tra Corpo-Spazio-Tempo”. Dal 2015 partecipa a varie residenze d’artista, pratica che acquista una particolare importanza per la sua ricerca. Tra le ultime mostre si segnalano: “KALEIDOSKOP”, Frauen Museum, Wiesbaden, a cura di Maria Elisa Quiaro; “NELLE RAPIDE”, Laboratorio 13 – Spazio d’Arte, Firenze, a cura di Rosanna Tempestini Frizzi; “L’ORMA CHE VEDI è LA MIA”, Rosy Boa, Arezzo, a cura di Matilde Puleo; “BABELE GLOBALE – GLO/BA(BE)LE”, InCUBOAzione, Prato; “WHAT DOES INDIFFERENCE MEAN?”, Casa Natale di Antonio Gramsci, Ales (OR), a cura di Margaret Sgarra; “MIRRORS”, Saletta Campolmi, Prato, a cura di Alberto Desirò; “LA CARTA CANTA”, Museo di san Domenico, Prato, a cura di Archivio Carlo Palli; “100X100 LIBRI D’ARTISTA”, Sincresis, Empoli (FI), a cura di Alessandra Scappini e Spela Zidar.