Nel 2013 durante un viaggio in Giappone ho avuto l’occasione di intervistare Shoso e Keiko, due tra i pochi Hibakusha (sopravvissuti all’olocausto nucleare) disposti a raccontare la propria vita ed esperienza. Quello che mi ha davvero impressionato della loro testimonianza è stato che entrambi hanno dichiarato che, pur essendo sopravvissuti, la bomba per loro non ha mai smesso di detonare, dal momento che per il resto della loro vita dovettero nascondere di essere stati ad Hiroshima durante e dopo il bombardamento. Per i sopravvissuti della bomba atomica, infatti, era difficile trovare un lavoro o riuscire a sposarsi, a causa della costante minaccia di potersi ammalare o di mettere al mondo figli malati per le radiazioni a cui erano stati esposti. Sia Shoso che Keiko hanno dichiarato che il momento peggiore della loro vita non fu la bomba ma gli anni successivi in cui soffrirono per amore. Shoso perse ogni speranza quando gli fu impedito di sposare la fidanzata perché il padre di lei non voleva che la figlia andasse in sposa a un potenziale infetto. Keiko sentì di perdere tutto quando rimase vedova. Seppure sopravvissuti, le loro vite erano rimaste ferme allo scoppio della bomba.
Questa è la ragione per cui ho preso l’immagine dell’orologio (ritrovato dopo l’esplosione ed esposto ora al museo della pace di Hiroshima) che riporta l’orario esatto della deflagrazione e sono intervenuta spostando in avanti di un minuto la lancetta dei minuti e aggiungendo la lancetta dei secondi che oscilla così avanti e indietro ininterrottamente tra passato e futuro.
Silvia Giambrone, Agrigento (1981); vive e lavora a Roma. Lavora con video, installazione, scultura, performance, suono. La sua ricerca è incentrata sulla soggettività e sulla relazione tra corpo, linguaggio e potere. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Roma, è tra i fondatori di 26cc di Roma. Negli ultimi quattro anni partecipa a numerose residenze in Europa e Stati Uniti e viene invitata a diverse conferenze su temi femministi. Alcune tra le sue mostre più significative includono:Pandora’s Boxes, CCCB Museum, Madrid (2009); Eurasia, Mart, Rovereto (2009); Moscow Biennale: Qui vive?(2010); Flyers, Oncena Biennal de la Havana (2012); Re- Generation, Museo Macro, Roma (2012); Mediterranea 16 (2013); Kaunas Bienale Unitext (2013); Let it go, American Academy in Rome (2013); Let it go, Museo Riso (2014); Silvia Giambrone: Critica in arte, MAR Museum, Ravenna (2014); Silvia Giambrone: Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, MAG Museum, Riva del Garda (2014); Residenza all’ISCP di New York (2015); Silvia Giambrone: A terrible love of war, Kaunas Bienale, Lituania (2015); The Body as Language: Women and Performance, Richard Saltoun Gallery, London (2015; ); ‘Suite Rivolta’, Carla Lonzi’s feminism and the art of revolt, Museu de Electricidade, Doclisboa’s Passages, Lisboa (2015); Every passion borders on the chaotic, Museo Villa Croce, Genova (2016); W Women in Italian Design, Triennale Design Museum, Milano (2016); Archeologia domestica Vol. I, Instituto italiano di cultura, Colonia (2016); Dillo con i fiori, Studio Stefania Miscetti, Roma (2016); Gina Pane – Silvia Giambrone, l’azione espansa, Crearte Studio, Oderzo (2016); Left to right, Copperfield Gallery, London (2016); Terra Mediterranea: in action, NiMac, Nicosia, Cipro.
Premi: 2016 Level 0, vincitrice; 2016 Optima SmartUp, Primo premio; 2014 Collectors for Celeste Prize, Primo Premio; 2014 Premio Francesco Fabbri, Menzione Speciale BIM; 2013 Kaunas Biennale, Primo Premio; 2009 Premio Epson, Primo Premio;